“Ishindenshin”

Quali sono le differenze tra italiani e giapponesi?
In poche parole queste possono essere riassunte dal ‘carattere nazionale’, ma ci sono molteplici spunti di riflessione. Uno di questi è l’espressione attraverso le emozioni e le parole.
In Giappone c’è un termine noto come “Ishindenshin” (以心伝心)
“Ishindenshin” significa comprendersi reciprocamente con il cuore senza usare
lettere o parole.
In origine, nel Buddismo Zen “Zenshū” (禅宗) significava la trasmissione dell’essenza dei principi buddisti, non espressa con parole o lettere, ma col cuore dall’insegnante al cuore del discepolo.
non attraverso le parole ma attraverso il cuore. Leggi come “con cuore (cuore) (di seguito), cuore (cuore)” (biografia).
Letteralmente: attraverso “i”(以)il cuore “kokoro” (心) si trasmette “tsutau” (伝)
il cuore “kokoro” (心).
Questa cultura presente in Giappone permette la bellezza di comprendersi senza l’uso delle parole e ricopre un significato dal valore positivo.
Per esempio una frase giapponese come: “Io e mia moglie siamo “Ishindenshin” e possiamo capirci immediatamente senza dirci cosa proviamo e pensiamo l’uno dell’altro” è sinonimo di una buona coppia che sta bene.
Anche una espressione del tipo “è una persona affidabile cui possono essere affidati incarichi di lavoro perché abbiamo superato insieme buoni e cattivi momenti e siamo “Ishindenshin” capendoci senza bisogno di parole” è un esempio da leggere in senso molto positivo.

“Aun no kokyū” (阿吽の呼吸)
Oltre a “Ishindenshin”, esiste l’espressione “Aun no kokyū” (阿吽の呼吸) (il respiro di Aun).
Quando due o più persone svolgono qualcosa insieme i sentimenti reciproci concordano e le azioni sono all’unisono. Questo “Aun no kokyū” significa che ci si intende comunicando anche senza scambiarsi parole.
Originariamente “Aun” (阿吽) è un termine della visione linguistica buddista, dove “A” (阿) è la prima parola emessa quando si apre la bocca e (吽) è l’ultimo suono emesso quando si chiude la bocca e significa l’inizio e la fine del tutto.
Nei templi scintoisti ci sono statue di carattere religioso quali “Komainu” (狛犬) (bestie immaginarie), “Kongōrikishi-zō” (金剛力士像) (Guardiani del tempio) e “Shisa” (シーサー)(Guardie Leoni), ciascuna coppia ha un esemplare con la bocca aperta (阿形) e uno con la bocca chiusa (吽形).
Di qui, “Aun” (阿吽) è una coppia formata da opposti e “Aun no kokyū” si verifica quando una coppia fa qualcosa insieme in modo molto armonioso.

Che tipo di espressioni si usano in Italia?
Nelle scuole elementari giapponesi i test sono normalmente scritti mentre in Italia ci sono molte verifiche orali. Sin da bambini, si usano le parole per esprimersi e fare esercizio.
In Italia normalmente le emozioni e le situazioni vengono espresse con le parole.
Se l’Italia è una cultura dove si parla molto, quella giapponese è una cultura dove si parla poco.
Inoltre, i giapponesi tendono a non esprimersi direttamente immaginando che il prossimo li capisca o a dire non esattamente ciò che pensano o di dirlo attraverso delle espressioni indirette.
Questo perché normalmente preferiscono evitare considerazioni che possano fare male l’altra parte. C’è anche la tendenza a parlare sempre posizionandosi dall’altra parte.
In Italia invece tutto avviene più direttamente, bianco o nero, mentre i giapponesi preferiscono il grigio.
Non si tratta di quale sia meglio, ma le differenze culturali tra usare e non usare le parole sono temi di grande interessante.