Cenni storici

La creazione degli ideogrammi cinesi “Kanji” (漢字)

L’inizio della calligrafia giapponese “Shodō” (書道)

In base alle fonti accertabili i più antichi Kanji giunti fino ad oggi sono quelli apparsi su guscio di tartaruga nel periodo cinese Yin, databili attorno al 1300 a.C. Si tratta delle più antiche iscrizioni del genere tuttora in uso a oggi.

Col passare del tempo, nascono la scrittura Sōsho(草書), “Gyosho” (行書) e “Kaisho(楷書) e diversi calligrafi lasciano testimonianza delle proprie opere.

Fra questi ha particolare rilievo l’opera il maestro “Ogishi” (王義之) noto anche come “Shosei”(書聖), ovvero “Divino della Scrittura” che ebbe una grande influenza sul successivo sviluppo della calligrafia.

La calligrafia giapponese include sia i Kanji sia i “Kana” (仮名)(scrittura fonetica in sillabe) ed è stata sviluppata ereditando la tradizione calligrafica di Ogishi. Vedasi immagine #1, Ogishi, famosa opera “Ranteijo” (蘭亭序).

L’introduzione dei Kanji in Giappone, dove non esistevano fino a quel momento caratteri di scrittura unificati ha fatto si che si diffondessero i Kana, più precisamente i caratteri Hiragana sulla base stilistica dei 草書 e i Katakana su quella dei Kanji.

La scrittura giapponese fa un uso combinato di Kana e Kanji.

La calligrafia è un’arte il cui scopo è esprimere sè stessi attraverso pennello e carta, ma più che scrivere in sé si tratta di trasmettere pensieri ed emozioni. Pertanto è necessario sia comprendere il significato dei caratteri sia indurre riflessioni.

Ogni Kanji preso singolarmente possiede un suo significato che spesso deriva graficamente dalle forme di ciò che ci circonda. L’identificazione di questi significati è senz’altro un aspetto che rende la calligrafia giapponese molto interessante.

L’atto di concentrarsi a scrivere, lasciando da parte i pensieri è parte del cosiddetto spirito “Zen” ().

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